Pubblicato in: Digressioni, Pensieri

Il portafoglio andato

– O cavolo! È di nuovo sabato!
– Non ci facciamo venire strane idee, eh – la frase stridula parte dalla cameretta, con un angolo di 90 gradi arriva come una freccia dentro al mio timpano, per bocca della mia cara pargola che immagino con lo sguardo fisso sul cellulare mentre con le dita non fa altro che “scrollare” (si dice così, no?) – L’avventura di sabato scorso mi è bastata e avanzata! –
Come non darle ragione, penso silenziosamente, mentre, seduta al tavolo sto facendo colazione, mano sotto il mento, sguardo fisso sulla tazza piena di caffellatte con l’altra mano, immobile per aria, che trattiene il biscotto dal tuffo.
In effetti, sembra un fatto di un secolo fa e invece è passata solo una settimana.
Allora, cominciamo dall’inizio e cioè proprio da qui: 15 luglio sabato Bene: 15 luglio sabato.

Il mio progetto sarebbe quello di andarmene al mare: ah! Pace e solitudine!
– Iniziano i saldi! – Si avvicina quatta quatta la mia signorina, si fa sentire con un abbraccio mattutino; – Cosa ne dici se andassimo… mmmm…. Tipo, a fare un giro?
Dovevo aspettarmi che quell’abbraccio improvviso coprisse altre mire, penso, mentre sciacquo le tazze della colazione, rimango in silenzio con lo sguardo assente tanto, le sono di spalle, in un secondo il consiglio d’amministrazione interno delibera se e quanto è possibile spendere.
– Allora? Mamma? Mi rispondi? –
Il mio” va bene dai” viene coperto dall’urlo entusiasta; mi asciugo le mani e acchiappo il telefono, perché il divertimento va condiviso: Anna? (è la mia amica preferita) ti andrebbe di andare a fare un giro per saldi?
– C’è bisogno di chiederlo? Ma certo che sì! Fammi un po’ vedere che ore sono, sì dai, ce la faccio, alle 13 ho un pranzo di lavoro.
-Ma di sabato? – replico – Essì, il capo-area è di passaggio da Livorno.
– Vabbè, contenta tu – un sorriso furbetto spunta sulla mia bocca. Non me la racconta giusta – penso – fra qualche giorno lo sapremo.
E allora diamo inizio al giro in città. ” Tanto per dare uno sguardo eh?” Lo dico salendo in auto, ad alta voce, ma non so se è per me o per l’adolescente inquieta che m’accompagna.
Non avendo trovato neanche intoppi pe il parcheggio, io e Cara, mia figlia, riusciamo ad arrivare un po’ prima dell’orario fissato con Anna. Bene, così facciamo tutto con calma. Viale degli Archi, la via principale, piena di negozi sotto ai porticati che brulicano di persone. Ok, cominciamo da qui.

Prima tappa presso un piccolo negozio di abbigliamento ed accessori, entriamo e, all’improvviso, sembriamo delle bimbe al parco dei divertimenti (o meglio delle spiritate in movimento): ci avviciniamo agli stand, facciamo scorrer le grucce sulle quali son posti gli abiti piuttosto che i pantaloni o le camicie, fino a farle stridere sulla barra d’acciaio, ognuna per suo conto e poi insieme, commentiamo poi ci chiamiamo e ci confrontiamo: insomma una goduria.
Se qualcuno, di sicuro le commesse, guarda la scema, valuterà che non si nota la differenza fra un’adolescente ed una adulta. Maanchechissenefrega
Proprio mentre ci avviciniamo alla cassa arriva Anna, che ci ha scovato sbriciando dalle vetrine, ci sbaciucchiamo bene bene e le facciamo vedere i nostri primi acquisti: approvati!
Una pausa caffè, pago io, no, pago io, eddai, tocca a me, ahahhahaha, situazione “siridepernulla e riprendiamo il giro. Una mattinata spensierata con le mie “bimbe” io al centro, loro mi sono di lato, sono contenta.
Entriamo in un altro negozio, quello che “cipiacecosìtanto”. La situazione è la stessa di quella prima descritta: sguinzagliamento verso i vari stender di abiti, scorrimento grucce, ecc.ecc. Anna e Cara decidono di provarsi delle gonne, hanno però bisogno di un’altra taglia e mi allontano per prenderla. Prova gonna: Perfetta, approvata all’unanimità! Diamo uno sguardo generale per capire se ci sia qualcos’altro che c’interessa, incrociamo i nostri sguardi sfavillanti e: dai, verso la cassa.
Apro il mio marsupio e……..o o o o o ………….il portafogliooooooooooo! Mi hanno rubato il portafoglio!
Reazione immediata di tutte e tre: una si dirige verso i camerini di prova, un’altra gira per tutto il negozio, l’ultima (io) esce dal negozio e ripercorre la strada fatta fino al bar e al primo negozio nel quale ci eravamo fermate. Nulla!
Ok. Calma e gesso e cellulare: blocco le carte.
Mi sento violata: e porca miseria, ci rubiamo fra poveri? Non si può! Una mattinata serena, tranquilla ma porca miseria un’altra volta.
Ci avviamo in questura, io sono fuori di me, ma non solo arrabbiata, sono proprio impietrita: senza documenti, senza patente, senza soldi! maddai! ma si può?
“Signora desidera? ” Devo fare una denuncia, mi hanno rubato il portafoglio” ” Dovrebbe tornare verso le tre del pomeriggio signora, adesso, son tutti fuori per emergenza, ma, per curiosità, dove è avvenuto il fatto” “Mah, guardi, di preciso non glielo so dire, stavo facendo acquisti nei negozi sul viale degli Archi” “è stata anche nel negozio “Acquista+Goditela”?” Si – rispondo
È la terza persona che subisce un furto stamattina, proprio lì. Rispondo con prontezza che son contenta di essermi guadagnata il podio, se mi fossi impegnata un po’ di più sarei arrivata al primo posto; ma mentre dico questo, un pensierino cattivo spinge e si fa avanti: e avete fatto bene a mandare qualcuno! Lo blocco prima che la mia bocca si dia aria.
Ok, non si può fare nemmeno la denuncia: ritornerò alle tre del pomeriggio; ho, come si dice, il muso lungo o, come mi han detto dei meridionali, “la faccia appesa”.
Ritorniamo sui nostri passi, Anna si dice dispiaciuta, ma deve andare, e Cara, mia figlia, ha un bel daffare nell’impegno di continuare a portarmi in giro: sembro un sacco di patate, trascino le gambe e i piedi, con la voglia di tornarmene a casa, con il desiderio, adesso controllato, di infuriarmi, con la voglia di urlare contro tutto e contro tutti.
E che cavolo: una mattinata per distrarmi! E mica ho chiesto un soggiorno alle Maldive da qui all’eternità!
Torno in questura e faccio ciò che devo per definire la denuncia, con il pensiero fisso di quelle persone che in questo momento hanno le mie cose, nel portafoglio si tiene di tutto, anche foto, almeno per me è così.
Sul finire di questa, per me, disastrosa giornata, squilla il telefono. Rispondo stancamente, con voce grave “signora buonasera, non ci conosciamo ……Sto per interromperla, maturo l’idea che sia una promozione pubblicitaria No, non sono interess………No, no signora , aspetti, non metta giù per piacere, stamani le hanno rubato qualcosa? Eh sì, rispondo, il portafoglio, Ok senta signora, io sono la commessa del negozio “Compra e ritorna”, si ricorda? ho trovato il portafoglio in uno scaffale, nascosto fra un maglione e l’altro – continua dicendo che non sa cosa ci poteva essere dentro, ma che può anticiparmi che non ci sono più i soldi, né carte ma che ci sono i documenti e altre cose (le “mie” cose). Finisce – Se vuole passarlo a prendere, noi chiudiamo alle 19.30, se vuole l’aspetto – E queste ultime parole sono dette con un tono estremamente garbato, quasi premuroso.
Certo, vengo subito, grazie di cuore e mi scusi per il mio comportamento di prima.
Sento il sorriso correre sul filo del telefono, non si preoccupi, avrei fatto anch’io lo stesso al suo posto, non se ne può più di offerte promozionali telefoniche.
Devo ammettere che il tono grazioso di questa ragazza che al momento non conosco mi rincuora un po’ e spinta da quel sorriso non visto mi costringo a sdrammatizzare la perdita economica e a recuperare il mio perdono insieme al mio vuotomapieno portafoglio.

Ilidia Comparini – La strega vera

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Piano, solo.

Due, le parole che cascano addosso allo spettatore di questo film.

La trama, per chi non avesse letto recensioni, è questa: Luca Flores è un geniale musicista italiano, morto suicida nel 1995, poco prima di compiere quaranta anni. L’infanzia la ha trascorsa in Africa, dove la numerosa famiglia si è trasferita per seguire il padre, Giovanni Flores, geologo di fama internazionale e dove muore la madre Jolanda, in un incidente stradale. La famiglia Flores si disperde. I due fratelli maggiori vanno a studiare in Inghilterra, Luca e Barbara in Italia. A Firenze Luca si diploma in pianoforte con il massimo dei voti, ma il suo destino non è quello di diventare un pianista classico, bensì un grande artista jazz.

Un uomo/musicista che oltrepassando il limite della sensibilità giunge a perdere il contatto con la realtà.

Non dico altro riguardo alla trama, su qualsiasi sito potrete trovarla, come potrete trovare qualsiasi recensione.

Ho conosciuto la musica di L. Flores tramite l’indicazione di un buon amico e l’ascolto è stato emozionante.
Il libro di Walter Veltroni “Il disco del mondo – Vita breve di Luca Flores” è stato il secondo step per conoscere quest’uomo, la cui musica, all’ascolto, riusciva ad evocare emozioni profonde.
Quando ho visto il film, ho condiviso il suo vissuto con molto trasporto, la sua vita intensa e tormentata, più la seconda della prima, poiché il tormento ed il disagio dell’uomo (e forse era questo l’obiettivo del regista) prevalgono sulla genialità del pianista.

E allora, dicevo: piano, solo.
Il pianoforte e la musica, figlio e madre, vita e morte, ossessione e senso di colpa, amore e solitudine, rimozione e verità: binomi che si intrecciano e si insediano nella mente dell’uomo fino a varcare il limite della vita stessa.
Al di sopra di tutto resta la musica, che riesce a tratti a cancellare persino la tristezza che pervade il film dall’inizio alla fine.
La musica che si ascolta spingerebbe quasi all’applauso e che, ne ho ancora il ricordo ben vivido, mentre usciamo dalla sala di proiezione, resta con te insieme al desiderio e la voglia di ascoltarla all’infinito.

Credo sia difficile anche il solo tentare di trasporre sullo schermo sentimenti che riconducono a percorsi interiori così intimi, si può correre il rischio della superficialità senza considerare l’impegno e la costanza di esercizio che la musica pretende, o della banalità, tramutando la storia di una vita breve e difficile in una strappalacrime.

Un plauso a Kim Rossi Stuart che prova e ci riesce a trasmettere l’ansia e il vuoto dell’anima, ma è l’insieme del cast che è stato capace di dare rilievo alla storia raccontata, non ultima Paola Cortellesi che interpreta Baba, la sorella amorevole che, per prima, riuscì ad avvertire il delirio mentale del musicista.

For those I never knew – il suo album registrato nei giorni 1 & 15 luglio del 1994 e 19 marzo del 1995 al Planet Sound di Firenze e pubblicato dall’etichetta Splasc(H) postumo alla scomparsa del musicista avvenuta il 29 marzo del 1995.
Ecco: among those you’ve never knew, there’s me too, we can all fly to infinity

Ilidia Comparini – La strega vera