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Folco ed Elise – personaggi capitàti (3)

Elise si era mostrata a lui senza forzature, non aveva voglia di riagganciare la corazza, di coprire tutto ora che le era stata regalata la possibilità di stare così bene.
Adesso il gioco era finito e lei si sentiva inerme, indifesa e colpita.
Aveva tentato di resistere, sì l’aveva fatto e figuriamoci! Ariete ascendente Capricorno: carattere testardo e caparbio, ma visto che dall’altra parte c’era stata una pari caparbietà nel mantenere il distacco, si era adeguata.

“Cercherò, Folco, di non scriverti più, di non cercarti più, di non darti più noia, e lo farò con grande con sofferenza, perché sei per me una persona importante, molto. Fa’ attenzione: una persona, non un uomo, non leggere fra le righe, e lo dico sorridendo e aggiungendo, sempre con il sorriso, che non voglio colpire la tua vanità di uomo.
Non ho preso questa decisione per attirare la tua attenzione per essere poi commiserata e per costringerti a dirmi di scriverti di nuovo, tornerò ad offrirti le mie parole solo e se mi assicurerai che le vorrai, solo se avrò percezione che ne avrai effettivamente bisogno, come un tempo fu.
Conosci il mio orgoglio: Folco, e no, non lo faccio nemmeno per questo.
Ti confesso che in fondo non mi interessa più nemmeno scoprire che cosa questaggeggio mi dà e/o che cosa mi ha dato e quello che potrebbe darmi ancora: sono molto lucida e so che questaggeggio, che è ancora neonato, ha saputo darmi cose di un’intensità unica, sensazioni, emozioni, ironie, scambi, idee, pensieri che mi hanno riempito, senza falsità.
Ho riscoperto tramite questaggeggio una me stessa che credevo non esistesse più.
Parlo al passato, non esiste un presente da vivere che avrebbe potuto offrire, riempire e prenotare un futuro.
Ti voglio bene, davvero, Folco
Ciao
Elise”

Poi, quella notte, all’improvviso, la decisione ed il messaggio telefonico.
Elise voleva sapere, doveva, ancora una volta, guardarlo negli occhi con i quali aveva flirtato, sui quali tante volte aveva fatto volare il bacio della buonanotte.

“Sai… mi sono pentita di quello che avevo scritto subito dopo aver mandato l’e-mail, soprattutto per lo slancio con cui ho scritto e per il contenuto. Non sono certa che si avverta leggendo, ma, tu sai come sono, quello era il mio pensiero e quell’antipatico del mio rigore morale mi ha obbligato a comunicartelo.
Vedi, Folco, la voglia di rivederti non è una cosa che mi fa stare male, come può succedere a qualcuno, no, anzi, il pensiero di poter scegliere se farlo mi rassicura, mi tranquillizza, avverto come un desiderio di ritardare il momento per gustarne ancora di più il pensiero divertito.
È un po’ come quando hai davanti una pietanza che ti piace e ti serbi l’ultimo boccone perché ti rimanga il buon sapore in bocca, non a caso ho parlato della ciliegina, ma non fraintendere, non fraintendere più di tanto perlomeno.
Mi fai fare una risata? Ahahahhahahahahah!
Vorrei però fosse un normale venerdì, come i passati.
Io t’aspetto
Elise”

La prima volta aveva regalato ad entrambi l’occasione di guardarsi dritti negli occhi, mentre percorrevano la via verso quel treno che avrebbe riportato Elise a casa; Folco aveva trovato il coraggio di prenderle il viso fra le sue mani e di guardarla fisso negli occhi, lo aveva fatto accompagnando quel gesto con parole rassicuranti poiché quello, in definitiva, era ciò che voleva farle capire..

Insomma – aveva mormorato fra la gente che passava oltre non senza gettare uno sguardo incuriosito – Vuoi stare tranquilla eh? Nessuno ti corre dietro! Vivi il tuo tempo! –

Gli occhi celeste ceruleo di lui si erano fissati negli occhi castani non tanto grandi di Elise che al momento non aveva ben compreso e, impaurita, era arretrata fin dove aveva potuto, appoggiandosi contro le barriere d’acciaio anti-attraversamento del marciapiede.
Si erano cercati, si erano scrutati nel profondo, con un desiderio urgente di trovare proprio lì quell’intimità di pensieri che ognuno di noi aveva percepito solo con le parole, senza l’ausilio di tutti gli altri sensi.
Folco aveva letto la paura negli occhi di Elise e aveva capito l’onestà e la lealtà della donna:

Cara, amorevole, Elise –

Una storia d’amore normale, diciamo di quelle “da film”, avrebbe voluto che ci fosse un bacio lungo e appassionato a suggello di quanto detto, non fu così, si ricomposero nella veste della razionalità, riprendendo a camminare.
Quel pensiero rimase nella mente di Folco per tutto il tragitto quando, una volta separati, ognuno di ritorno verso la propria casa, si erano ancora risentiti attraverso il cellulare, e più di una volta, sembrava non riuscissero a staccarsi.
Quel “bueno” lasciato cadere lungo i fili dell’etere si era caricato di un importante significato per entrambi.

Folco ora ascolta il messaggio, era tardi, cavolo, le due di notte, perché Elise era così ostinata? Dovevano chiudere il loro dialogo, e cavolo, adesso si comportava come un’adolescente capricciosa.
Quante volte si era interrogato Folco sulla sua voglia di perdita di libertà: non poteva e non voleva farle del male. Era amore? Passione? Sesso? Non se lo sapeva spiegare, non sapeva trovare un sostantivo che potesse indicare a trecentosessantagradi quei loro atteggiamenti.
Di una cosa era però certo: aveva paura, ecco! Questo se lo era alfine confessato. E ora, porcamiseria, non era nemmeno più in tempo a rimandare o a spostare quell’appuntamento avvertendola.
Un altro flash-back nella mente di Folco.
“Notte, notte fonda, sono le tre e sono senza sigarette, piove e sono senza ombrello, devo fare una trentina di chilometri per tornare a casa e l’unico segno di vita del mondo è quella signora buffa che mi sta prendendo in giro perché sono senza sigarette e che mi attira tanto, che mi sembra interessante, perché contraddittoria, complessa, complicata”
Un altro sorriso solca adesso la bocca di Folco che sale in macchina e si avvia verso casa senza ancora aver preso una decisione.

Elise, dal canto suo, invece, con il coraggio che solo le donne hanno, è pronta ad affrontare la situazione, qualunque risultato possa venirne fuori, ha organizzato dunque tutto il necessario affinché nessuno possa risentire della sua assenza ed anzi avverte che probabilmente starà fuori anche a pranzo.
L’intenzione era quella di vivere fino in fondo quella giornata che avrebbe potuto rovesciare gli eventi e diventare una di quelle luminose.
Attenta Elise – si dice – potrebbe anche annebbiarti del tutto o annebbiarti tutto –
Sì, il rischio è grosso, ma è convinta che forse in vita sua ha rischiato poco ed ora, a quarant’anni suonati, era l’ora di cominciare a farlo: Folco vale questo ed altro, sia che le si dimostri amico sia che diventi per lei un/il grande amore, perché ancora Le rimbalzavano nella mente le parole lette dopo il primo incontro:

Elise
miseria, mi manchi, lo so, lo so, i sabati non finiscono mai, ma mi sarebbe piaciuto un mondo poterti sentire veramente. Non fraintendermi, ma anche la fisicità, l’espressività fa parte dei sentimenti, della conoscenza, ed ora, ecco, questo modo di comunicare mi sembra obsoleto, inadeguato. Non uso la parola parziale perché sai benissimo quale significato do quando te ne parlo, sono un po’ complicato, ma anche le parole hanno dei riti, dei significati sublimali che cambiano valenza rispetto alla persona verso cui li indirizzi.
A costo di sembrarti poco rispettoso, devo dirti quello che ho sempre sentito di te: conosco il tuo brutto momento, conosco molte delle tue difficoltà, ma ho sempre percepito uno spazio vitale molto intenso, una voglia di vivere elettrica, i tuoi sensi sono tutti vigili, pronti. Anche la tua vitalità intellettuale non è freddo raziocinio, ricordi ossificati, no, hai una presenza sempre attiva, sì Elise, sei un elastico, pronto a tendersi ed a riposare, ma permane il tuo modo di esprimerti, sei così.
Tu sei una donna razionale, ma oggi non lo sei stata nell’organizzazione; questo mi spiace materialmente (e mi fa anche incazzare) ma mi piace da morire per ciò che hai dimostrato di te stessa!
Elise, ti sei, possiamo dire, seguita, ascoltata e anche messa a confronto e in discussione, ma credo benissimo di sentire che lo fai partendo da un punto di debolezza o di subalternità, ma con la consapevolezza piena che puoi dirigere e governare. È strano, mi riviene da dirti che non hai paura di sentirti felice e credimi, non sono tanto presuntuoso da mettermi in primo piano. Non è questo che conta.
Sono felice, sì, incazzato nero, un po’ malinconico, ma non riesco a non sentirmi felice.
Ora basta, vedi, quello che avrei voluto dire a voce, mi sforzo di farlo così e non ci riesco.
Perché? Ma perché?
Devo dirtelo! No, lasciamo perdere è meglio!
Certo, comunque poteva succedere solo a me! Ma porcamiserialadra!
Come finisco ora? Tutto quello che dico, mi sembra ……
Mi piace il calore del tuo corpo
Folco”
Sei un’adorabile strega! –“

Strega?!?!? Ah sì! Per via del naso un po’ invadente, ma non è bitorzoluto e poi non uso la scopa per spostarmi!!!! Mi devo offendere?!?!?!
Elise, la strega è la donna libera, sensibile, affascinante ed originale

(segue)

Ilidia Comparini – La strega vera

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Fosco ed Elise : personaggi capitàti (1)

È notte fonda, la casa avvolta nel più completo silenzio, un lampione sul viale lamenta una lampadina agonizzante, qualche auto illumina la strada nera, Elise raggomitolata nella coperta ascolta la tromba di Chet Baker che accarezza la poesia “In a sentimental mood”.
Una vecchia poltrona verde marcio l’accoglie insieme ad una usurata coperta di patchwork fatta da sua nonna: l’organizzazione perfetta per i momenti d’insonnia, sublimata da una radiolina tascabile dotata di cuffie.

Ti devo vedere, aspettami domani alle 10,30 alla stazione.

Frasi preparate per non lasciar posto all’emozione, scritte su un pezzetto di carta di una busta per essere sicura di non sbagliare e, appena finito, aggiunge sottovoce ma con stizza: Oh! ecco! Le viene da ridere, le par di vedersi: ha l’espressione di una bambina capricciosa.

Vienimi a prendere, ho bisogno di parlarti.

Il tono è secco di quelli che non ammette repliche o spostamenti, né d’orario né di giorno, ma è e rimane un messaggio ad una segreteria telefonica: il dubbio sull’ascolto rimane.
La pioggia battente tortura il vetro della veranda dove, con un’abitudine quasi maniacale, lei va a mangiare roschette e biscotti preferiti.
Questa sera il cielo è implacabilmente coperto, non c’è speranza che domani possa rasserenare, a meno che non si alzi un forte vento, magari un tagliente libeccio.

Fosco ascolta la segreteria telefonica e rimane perplesso; quel tono, lì per lì, non gli è piaciuto, è un tono di comando.
Ma chi crede di essere? Non intende rivederla, tanto meno parlarle o risentirla. Perché non capisce?
Il silenzio e l’assenza non erano stati sufficienti come forma di comunicazione?

Insomma, a quest’età è tutto più difficile, volersi bene, innamorarsi, ricominciare, no dai, è faticoso, troppo faticoso: gravoso. Insomma no! non ne aveva voglia.
Ascolta di nuovo il messaggio, tanto ormai non se ne parla di dormire, si accende una sigaretta e sprofonda sul divano mentre guarda il fumo che, libero, scappa via verso il soffitto.
Folco sospira e torna ai ricordi, seduti ad un tavolo di bar con una cioccolata davanti, Elise ed i baffi di cioccolata, e lei che, con tono scherzoso, le raccontava del soprannome che i suoi familiari le avevano affibbiato la comandante, perché talvolta, con tono burbero, obbligava tutti a far rispettare le regole.
Gli scappa una risata senza voglia: non aveva creduto a una sola parola in quel momento, non aveva creduto che quello stile calzasse su chi a lui era apparsa come interiormente fragile, instabile, insicura, divisa, strappata.
In questo modo gli era apparsa un giorno: “era capitata”. “Era capitata” insisteva a raccontarsi la storia, per far scivolare via il desiderio di qualcuno a cui voler bene, per liberarsi del manifesto volere qualcuno da amare.
Embè adesso doveva ricredersi invece: eccome!, parole semplici con tono aspro e duro, la comandante l’aveva richiamato all’ordine.
La tv sta trasmettendo un documentario sulle Ande, le immagini scorrono sul monitor ma l’attenzione di Folco è da un’altra parte.
Durante i loro incontri, Elise le si era mostrata come esteriormente protetta da uno scudo, schermata da una corazza, faceva un passo avanti per farsi conoscere e due indietro, volutamente, non appariva per niente consequenziale, tanto che lui più volte l’aveva aggettivata “buffa” e, per la paura di offenderla, tutte le sante volte lui aveva spiegato e chiarito quanto di benevolo ci fosse in quell’aggettivo; Elise, dalla sua, accettava quasi scherzosamente volentieri l’uso di quell’aggettivo, si stava quasi convincendo di essere veramente così, accettava e stava al gioco, le piaceva essere buffa.

Il brano sta finendo, Elise sgranocchia un altro biscotto in attesa del prossimo, è notte fonda ed è già giovedì.
Il giovedì era il giorno prestabilito per incontrarsi, lei aveva giorno libero a scuola, lui si prendeva giorno libero dallo studio, una sola volta alla settimana, a causa della distanza ed i chilometri che li dividevano, ma nonostante questo il loro rapporto sembrava davvero progredire verso uno sbocco positivo. Elise sente le sue labbra tendersi in un sorriso compiaciuto e fiero.
C’era, e non poteva essere negato da nessuno dei due, una effettiva sintonia di pensieri e di idee, straordinaria per la loro poca frequenza. Sia chiaro, non che fossero tutte rose e fiori, molto spesso le idee si scontravano e tutto sfociava in un bisticcio che vedeva Folco in attacco ed Elise che arroccata in difesa, che si pavoneggiava dietro a quella sua lucente e inattaccabile corazza chiusa.
Come la prima volta che saltò quell’unico appuntamento settimanale, il sorriso di Fosco sottolinea la memoria di ciò che poi gli scrisse:

Che sono arrabbiata, tu lo immagini! Non solo mi devo accontentare di scrivere anziché parlare (e questo dipende da tanti fattori), non solo lo devo fare quando trovo i ritagli di tempo e non quando lo voglio io, cioè quando mi pare e piace, non solo mi devo accontentare di parlare con dei capelli (solo io che sono pazza posso riuscire a farlo!), ma oltretutto…….
Si, sono egoista e allora? Devi solo provare a rimproverarmi! Solo un po’ poi vedrai che guerra scateno!
E Come????? Cosa dici? Oh sì, ma certo lo so che i tuoi occhi sono azzurri, anzi celesti come tu li hai definiti, e questo dovrebbe bastarmi?
Il colore conta poco: gli occhi devono essere visti perché possano comunicare tutto ciò che gli altri sensi percepiscono.
Ma porcamiserialadrainfame avrei una marea di cose da dirti, pensieri e raccolte di parole, frammenti di dialoghi, di conversazioni, che mi stanno mettendo in evidenza qualcosa di te, ma non mi andrebbe di farlo così, per lettera.
E stasera non ci sarai, non ci saranno tuoi messaggi, non ci saranno tue mail, mi sembra logico, porcamiserialadra chissà cosa farei per litigare con te a voce alta, urlando.
È inutile che mi arrabbi ora, e qui, e senza di te, non ha senso, fa male a me e basta, e fa ridere te, dopo.
Ciao
Elise”

Il loro era veramente un gioco puerile ed era, quello del gioco, un bisogno urgente, tanto che da un unico dialogo settimanale (reale) passò ad uno scambio giornaliero di mail prima, poi si tramutò in bi-giornaliero dopo, e alla fine diventò uno scambio di mail con intervalli di poche ore il sabato e la domenica, quando tutti e due erano più liberi dalle loro occupazioni solite.

“Hoooooooooooooooooo, scarrrruffffooooonnnnnaaaaaaaa, ovvia via che stasera si ride. Se si ride non lo so e non m’importa, l’importante è un’altra cosa…….
Collegamento breve oggi: non mi reggerà più di 5 o 10 minuti, se non dovessimo sentirci, buona notte e buon riposo (quando sei a letto dormi e non pensare al giorno dopo) e buona giornata.
Il tuo buongiorno è meglio di un caffè di mattina
Ciao
Folco”

Lo sguardo si posa sul cellulare, Folco è tentato di ascoltare per l’ennesima volta il messaggio, come se ad ogni ascolto quelle parole ruvide manifestassero dettagli inespressi e ignoti e mentre pensa questo, considera che il cellulare è diventato uno scrigno prezioso, pieno di particolari reconditi.
SMS mi sembra d’essere in una pubblicità, sto accarezzando le curve delle colline toscane…. Dolcemente e c’è il sole che illumina la terra, sai? Sembra bruciata e poi… oliveti, vigneti ingialliti cipressi.
La sensazione è quella di far parte di un tutto. Dai indovina! dove sono?

Era un desiderio di condivisione: descrivere, per esempio, un paesaggio strano come se vi assistessero insieme, o ancora di raccontarsi sensazioni o percezioni provate.
SMSguardaaaaaaaaaaaaa che bella la luna …………….. siamo sotto lo stesso cielo!
Entrambi avvertivano il bisogno urgente di comunicarsi, quasi in tempo reale, la quotidianità
SMSaccipicchia, traffico a gogò, non sono riuscita a passare dal supermercato, non so cosa preparare per cena…. che mi mangio? Surgelati? Che schifooooooooooooo!
E la privacy
SMSNon riesco (o non voglio) decodificare – moti istintivi teneri -, mah!

Elise si alzava anche di notte per comunicare indirettamente attraverso la posta elettronica, oppure, quando insonne si spostava nella sua amata veranda, si portava il cellulare, chiuso nella tasca del pigiama, per potergli lasciare il messaggio nella segreteria telefonica.
Si comportavano come due innamorati senza avere la consapevolezza di esserlo o come due assetati d’amore che si accontentavano di fiumi di parole, partecipavano attivamente a questo gioco di scambio, si cercavano continuamente con intensità di parole, che nascondevano sguardi e pensieri.
In questo modo, anzi, in questo gioco, la distanza pesava meno.

“Non so, forse ti sto solo facendo un grande casino, perdonami, ma avevo voglia di parlare con te. Il caffè, Elise, lo ricordo in tutti i sensi, credimi e ne sento un gran bisogno.
Lo sai che i capelli rendono caldo solo a toccarli?
Bacio
Folco
Non resisto, devo dirtelo: sei dolcissima e quando vuoi simpaticissima.
(Anche questo, sai che puoi esserlo e non rimuginarci sopra per dimostrarti che non è vero e non più vero).
Altrimenti ti dico: stronza, e in modo tagliente.
Ribacio
riFolco (però, sì, però)

(segue)

Ilidia Comparini – La strega vera