Pubblicato in: Pensieri, Poesia

Sei morta o sei viva?

Hai lasciato affondare le altrui mani
Nelle tue mani
E’ colpa tua

Hai lasciato le altrui bocche
Approfittarsi della tua mente
imbrigliandola
E’ colpa tua

Hai lasciato che altri esaudissero
I loro desideri
Con le tue mani
E’ colpa tua

Hai lasciato che altri crescessero
Con il tuo sacrificio
Ripagato da miseri premi
E’ colpa tua

Hai lasciato filtrare le tue fragilità
E i tuoi desideri
E’ colpa tua

Hai lasciato che la tua bocca
Rivelasse la tua ribellione
Hai lasciato che gli altri la soffocassero
Hai lasciato che ti pensassero nevrotica ed egoista

Sei morta o sei viva?

Ilidia Comparini – La strega vera

Pubblicato in: Pensieri, Racconti

Che afa bestiale!

Ad agosto scorso, sono finalmente tornata in vacanza, ospite della mia cara amica Linda, esperta guida subacquea, una delle migliori fra quelle che operano nei diving di zona. Non è la prima volta che trascorro le mie vacanze con lei, qui, in questa baia mozzafiato.
Questa volta ho deciso di viaggiare in treno e, di questo viaggio che potrebbe, all’apparenza, apparire ovvio e scontato e talvolta noioso, racconterò in seguito.
Che bella giornata di sole! Adoro stare qui! Mi sento così bene, c’è sempre una brezza fresca che mi accarezza la pelle. Mi piace stendermi sugli scogli levigati, che trovo più comodi della sabbia, con l’acqua del mare che lambisce le gambe. Il cielo è azzurro e limpido, senza una nuvola. Respiro a pieni polmoni l’aria salata, che mi fa sentire viva. E poi, che fortuna, questa spiaggia è tranquilla e silenziosa, non c’è la folla dei lidi più famosi. Qui posso godermi il mio spazio e la mia pace.
C’è da aggiungere poi che le vacanze con Linda sono sempre sinonimo di buon cibo, di divertimento e risate, insomma vacanze nel vero senso della parola.
C’è una storia che io e Linda ci raccontiamo ogni volta e che, come si usa dire, è come i peperoni: si ripropone.
Permettetemi di condividerla.

“Sono seduta su una poltrona marrone di pelle artificiale, cosiddetta sky, per dirla elegante, davanti a una scrivania, in una stanzina di due metri per due. È una giornata d’agosto, parte di una stagione particolarmente calda e infuocata. L’impianto di condizionamento è guasto e il suo effetto si avverte ovunque.
Sono convinta che una volta alzata, lascerò testimonianza del mio passaggio, e lo faranno i miei lembi di pelle, stampati proprio qui, sul sedile di questa dannatissima poltrona.
Sotto lo sguardo attento e scrupoloso del gendarme, ogni parola viene scrutata, ogni dettaglio annotato. L’uomo in divisa, scuro di carnagione, nero di capelli, con un naso pronunciato che fa apparire gli occhi lontani e affondati negli zigomi, ogni tanto solleva lo sguardo dalla tastiera al monitor per controllare la correttezza di ciò che scrive.
Ho già dato le mie generalità; che c’entrano quelle di mio padre e di mia madre? Vabbè, sono in terra straniera.
Ho il cuore pieno di preoccupazione e condivido la mia deposizione, sperando che la chiarezza possa illuminare un enigma avvolto nell’ombra.
Straniera in questa terra di vacanza, nella magnificenza della natura verde e rigogliosa, aspra e marrone, ospite di una terra pastorizia, che parla una lingua dolce tanto quanto aridi e scontrosi sono i suoi abitanti.
Inizia l’interrogatorio.

– Avez-vous remarqué quelque chose d’étrange? (Ha notato qualcosa di strano?) – la domanda è rivolta all’interprete, che non è altri che la mia amica Linda co-protagonista di questo sgradevole episodio.

-Prima o dopo? – sono io che dettaglio.

-Avant et après (Prima e dopo) – precisa il gendarme, che continua a non guardarmi e si rivolge a Linda, io faccio lo stesso.

– No, nessuna stranezza se non lo scalpiccio del ghiaino sul vialetto che porta alla casa e l’aver intravisto un’ombra che si allontanava. L’ombra di un ragazzo. –
L’interprete traduce fedelmente tutto ciò che dico, si trova alle mie spalle e sembra che giochi con le finestre, aprendole e chiudendole per cercare un po’ d’aria.
La tensione aumenta e cerco di far emergere inconsapevoli dettagli che possano condurre alla soluzione.

-En enfant? – No, di un ragazzo – e rivolgo lo sguardo a Linda implorandola di chiarire la differenza fra ragazzo e bambino, poiché la distinzione potrebbe essere la chiave per rivelare la verità celata dietro l’apparente normalità.
Linda e il gendarme continuano a parlare, non li ascolto, sono infastidita, non capisco una parola! E allora lascio le loro voci sullo sfondo. Non riesco a credere a quello che mi è successo ieri sera, ora sono le due del pomeriggio e in questa maledetta gendarmeria sto morendo di caldo.
Ho aspettato il mio turno per ore su una scomoda panchina di legno e ferro battuto, distratta solo dal mio cellulare, seguendo con lo sguardo, gendarmi che andavano e venivano da stanze misteriose e inaccessibili, indaffaratissimi pieni di carte e scartoffie o dischi per computer, scrutando l’ingresso di persone senza riuscire a capire di che cosa avessero bisogno dal momento che non parlo francese.
Anche gli altri nostri compagni di vacanza restano in attesa, in realtà, ognuno di noi ha poca voglia di parlare.
Abbiamo raggiunto Linda per goderci una settimana di relax, mare stupendo, sole, speranzosi di passare una settimana di vacanza vera e rilassante: mare autentico, sole, per scuoterci di dosso la polvere dello stress in un anno intero, per cambiare la pelle come i serpenti e rigenerarci.
Avevamo tutto per farlo: corpi e spiriti; vita sana, cibo delizioso e vini eccellenti, insieme a battute, sfottimenti e risate: una bella compagnia, insomma.
Non mi sarei aspettata che questo viaggio, apparentemente ordinario e prevedibile, avrebbe presto deviato dal suo corso, portandoci in un vortice di eventi che si alternavano tra spavento e risate incontrollabili. Eppure è quello che è successo.
Due uomini e due donne, una sola è la coppia formata e, per ora, consolidata, io e l’altro uomo ci definiamo amici, ma sarebbe meglio affermare che siamo conoscenti.
Che c’entra questo pensiero con il racconto? Mah… Non so rispondere. Riflessioni, credo“.
La prima volta di una vacanza da sola e sono in gendarmeria (e lo ripeto, sì, sono incredula), ripenso alla sera precedente.
Rientrando dalla spiaggia, abbiamo programmato una cena a base di san Pietro, un pesce prelibato che Marco, il pescatore, ci ha portato fresco di giornata. Linda si è offerta di cucinarlo in forno con le patate, ama cucinare e non c’è verso di convincerla a non farlo, così a noi altri non resta che aiutarla nelle varie mansioni. Danilo è andato a raccogliere il rosmarino nel giardino, Simone ha apparecchiato la tavola e io mi sono occupata, sbucciando le patate.
La cena è stata squisita, accompagnata da un vino bianco frizzante e da un leggera brezza che ci accarezzava i capelli. Non abbiamo parlato molto, siamo stati troppo presi dal gusto del pesce e dall’atmosfera rilassata. Una serata amabilissima.
Dopo avere sparecchiato, io e Linda, ci siamo appartate in giardino, sotto un monte di stelle, a confidarci le nostre storie. Sedute sulle chaises-longues, avvolte nell’ombra, mentre un carillon a vento produceva dolci melodie, interrompendo il filo del silenzio.
Parliamo a bassa voce, come se fossimo sole al mondo.
Usiamo il tono dell’intimità.

-Sta arrivando qualcuno –
Sento il suono dello scalpiccio di passi sul ghiaino del vialetto che porta alla casa; istintivamente entrambe solleviamo la testa e le spalle e voltiamo lo sguardo verso quel punto, sulla nostra destra.
Le due ombre lontane sembrano allungarsi, ma non facciamo in tempo a vedere chi siano, le due ombre si riducono a una; dalla mia postazione intravedo solo un mezzobusto spezzato sulla sinistra, vedo solo un corpo e un braccio: sembra un ragazzo.

-Sarà qualcuno che ha sbagliato direzione e voleva prendere il viale superiore – precisa la mia compagna.
Riconquistiamo le nostri posizioni sdraiate, rilassandoci di nuovo e ricominciamo il discorso.
All’improvviso…Pum…psssssssssst …

-Cos’è? – io guardo Linda, ma lei guarda sulla sua destra e tace.
Non più sdraiate, ora siamo sedute.
Pum… pssssssssst …

-Cos’è Linda? – ma Linda tace, continuando a guardare laddove abbiamo sentito provenire il rumore.
Io non mi rendo conto di che cosa sia (ho paura) sembrano fuochi d’artificio: due? Due. Due soltanto? Due soltanto. Finito? Finito.

-Vuoi vedere che mi hanno sparato alle gomme? –
Dice Linda, dopo il silenzio riflessivo e si avvia verso l’auto posteggiata alla metà del vialetto, dove un piccolo slargo lo permette, a una decina di metri dall’inizio del vialetto d’accesso, a una trentina di metri da noi.

-Ma dove vai? Non andare, per piacere – la imploro.
Non mi ascolta, afferra una lampada e fa in modo di far scorrere tutto il filo elettrico per vedere meglio.

-Devo vedere cos’è successo –
Almanacca ancora con il faretto e il filo, attacca la presa a una prolunga perché il faretto l’accompagni fin laggiù

-Lascia stare, torna indietro. –
Non faccio in tempo a prenderle il braccio per fermarla.
Mi alzo e mi porto al centro del giardino, vorrei che si fermasse, ma Linda continua ad andare avanti, il faretto illumina prima una ruota, poi l’altra, davanti, dietro: le ruote sono integre, finché:-Oddio, chiama gli uomini, c’è qualcosa che cola, forse è benzina-
Anche lei adesso è spaventata.

-Ma chi è stato? – Sussurro, cercando di non farmi sentire da chiunque potrebbe essere ancora nascosto nel buio.

-Ma cosa ne so! – risponde secca e io taccio.
Rientriamo in casa, svegliamo gli uomini e Linda chiama i gendarmi.
Simone e Danilo, non hanno sentito nulla e, ancora assonnati, ci guardano interrogativi, pensano che sia uno scherzo, dobbiamo quasi spingerli fino all’auto per mostrare l’accaduto.
Dopo un rapido controllo ci accertiamo che non è benzina, né olio, ma il liquido del radiatore, anzi dei radiatori, hanno sfondato anche quello del condizionatore.

-Sembra evidente, hanno sparato – questo è il commento di Danilo.
La mia risata è stridula e segnata dalla paura.

-Sparato?!?!?!? – grido attonita. – Ma scherziamo? Siamo in vacanza, ci troviamo in una terra di vacanza!
Mi sento impotente e spaventata. Chi ci ha sparato? Perché? Cosa vuole da noi? Sono domande che mi frullano in testa, ma non ho il coraggio di esprimerle ad alta voce.
Mi limito ad aiutare Linda come posso, sperando che nessun altro colpo parta dal buio.
Non riesco a credere che qualcuno abbia sparato alla nostra macchina. Chi potrebbe avercela con noi? Siamo solo dei turisti, non abbiamo fatto nulla di male. Forse è stato un errore. Ma perché proprio qui, proprio ora?
Mi sento vulnerabile e impotente.
Siamo confusi e disorientati, insonni e irrequieti. Il caldo opprimente della notte pesa su di noi, alzando la posta in gioco di un’indagine imminente. Con trepidazione, aspettiamo l’arrivo dei gendarmi, sperando di ottenere risposte, sicurezza e il ripristino della nostra tranquillità.
Dopo un tempo che sembra essere stato interminabile vediamo arrivare l’auto della gendarmeria, dopo celeri presentazioni e un bonsoir sussurrato data l’ora, si mettono subito al lavoro.
I bossoli: due. Pallettoni di piombo, grossi perlomeno quanto un chicco di caffè, hanno colpito i radiatori e la carrozzeria dell’auto.
I gendarmi svolgono il loro lavoro con una modalità tranquilla, sicura, si muovono con circospezione, ma sembrano quasi indifferenti, ma l’hanno capito che abbiamo paura?
Vorrei andarmene da questo posto, tornare a casa, dimenticare tutto. Ma non posso, devo aspettare che i gendarmi finiscano il loro lavoro e ci dicano cosa fare. Spero che trovino il responsabile e soprattutto che non ci sia più pericolo. Non voglio vivere con la paura.
Contrassegnano i punti del terreno che segnano le tracce con l’evidenziatore spray colorato giallo-verde.
Riferiscono che sembra abbiano sparato da un muretto basso mezzo metro, ed è sicuro: con un fucile.
Nel vialetto semi buio, illuminato dalla lanterna e dai fari dell’auto dei gendarmi, ci guardiamo o perlomeno tentiamo di farlo, ci sediamo sui bordi del muretto e ci rialziamo.
I gendarmi comunicano a Linda, unica che parla francese, che per il momento non possono far altro, ma che torneranno la mattina dopo, cioè fra qualche ora dato che sono le due e mezzo di notte ormai e che noi tutti siamo invitati a comparire alla stazione di polizia.
Si congedano da noi, che, zitti, percorriamo il vialetto per tornare nel giardino. Nessuno di noi ha voglia di andare a dormire, ci fermiamo sedendoci per commentare e per berci una bibita ghiacciata.
Fa caldo. Il caldo di una notte nera, oscura e lunga che vede quattro figurine inquiete che si muovono nel giardino come gatti.
Che afa bestiale!

-Ehi! Abbiamo finito – il richiamo di Linda mi sorprende nelle mie riflessioni, mi scuote dal ricordo e sobbalzo.

-Beh allora? Che ti hanno detto?

-Niente di particolare, faranno indagini e ci faranno sapere.
Ormai è sera, abbiamo trascorso un’intera giornata in gendarmeria, con la netta percezione, alla fine, di essere noi i colpevoli, per il solo fatto di essere lì, in vacanza.
Torniamo sui nostri passi, alla nostra dimora temporanea, senza il nostro abituale sorriso, senza spiegazioni e, soprattutto, senza aver dormito.
Una volta percorso il vialetto, ci disperdiamo, ognuno intento a fare cose diverse, sotto la notte stellata, ognuno perso nei suoi pensieri, un senso di disagio aleggiava ancora nell’aria. Cosa ci aspettava? E avremmo mai riacquistato davvero la gioia spensierata che eravamo venuti a trovare qui? Le risposte ci aspettavano con il mattino luce, risoluzione promettente e la possibilità di riprenderci la nostra preziosa vacanza. Sono la prima a stendersi sulla chassis-longue, passerò la notte qui, fisserò il cielo cupo chiedendo a qualche stella di riportarmi in vacanza.”
Sicuramente avrete voglia di rimanere sintonizzati per sapere se ci sono colpi di scena.